Come utilizzare correttamente i sali minerali KH+ nel laghetto
La presenza di una impermeabilizzazione artificiale di cemento o telo risulta essere una differenza strutturale importante tra un ambiente naturale e i nostri laghetti ornamentali.
Negli ambienti acquatici naturali, il fondale è costituito dalla sovrapposizione di substrati di argilla, sabbia, ghiaia e sassi di varie dimensioni che si sono accumulati secondo processi di sedimentazione regolati dalle correnti, dalla granulometria e dalla composizione minerale dei dei vari depositi.
Questa struttura bentonica rappresenta un substrato ideale per la colonizzazione dei “batteri buoni”, gli stessi che colonizzano i biocarriers dei nostri filtri.
Oltre a ciò, gli strati di sedimento funzionano come un enorme ed inesauribile magazzino di sali minerali che assicurano un continuo rifornimento di queste importanti sostanze alla colonna d’acqua sovrastante.
L’impermeabilizzazione artificiale, presente nei koi pond e nei laghetti ornamentali, non rende possibile questa serie di importanti interazioni tra il fondale e la colonna d’acqua, penalizzando in maniera diretta la stabilità chimico fisica dell’ecosistema.
I sali minerali, in particolare quelli della famiglia dei carbonati, svolgono un ruolo di fondamentale importanza nel mantenere stabile il valore del pH dell’acqua, evitando pericolose oscillazioni di questo parametro.
Per loro natura, i sali carbonati sono utilizzati e quindi consumati, in tempo reale, da tantissimi organismi e micro organismi acquatici a partire dai batteri decompositori, per passare attraverso una moltitudine di forme di vita bentoniche, sia animali che vegetali, fino ad arrivare ai pesci stessi.
Questo significa che il valore di KH tende per sua natura a calare, anche a causa della diluizione causata dalle acque di origine meteorica (pioggia e neve) e quindi va mantenuto costantemente in un corretto intervallo di valori, altrimenti si avranno sbalzi di pH assolutamente deleteri per la salute dei pesci.
La somministrazione regolare di KH+ è il metodo più efficace per ripristinare rapidamente il valore di durezza carbonatica desiderato.
Ogni giorno, al tramonto, tutti vegetali acquatici, alghe “in primis”, sia filamentose che unicellulari, passano da un’attività fotosintetica diretta in cui utilizzano anidride carbonica e producono ossigeno, ad una fotosintesi inversa, durante la quale consumano ossigeno e producono anidride carbonica.
Il consumo di ossigeno dei vegetali acquatici durante la fotosintesi inversa, si somma a quello dei pesci e dei batteri aerobi e il surplus di anidride carbonica che ne deriva, in caso di KH basso, può causare uno sbalzo di pH verso valori acidi in quanto, i pochi sali carbonati presenti non riescono ad esercitare un’adeguata azione tamponante.
Come già accennato, i batteri aerobi consumano ossigeno durante lo svolgimento della loro azione depurante e producono anidride carbonica.
Essi si trovano in grande quantità nei biocarriers del filtro, ma colonizzano anche ogni centimetro quadrato di superficie sommersa, ricoperta da un buon biofilm.
Semplificando:
La produzione di anidride carbonica dei batteri depuranti è in relazione al carico organico metabolizzato e quest’ultimo è direttamente collegato alla quantità di cataboliti prodotti dai pesci che, a sua volta, è proporzionale alla quantità di cibo consumata.
L’anidride carbonica in acqua diventa acido carbonico che, come suggerisce il nome, acidifica l’acqua.
Se la concentrazione dei sali carbonati, il KH appunto, non dovesse essere sufficientemente elevata, avremo delle importanti oscillazioni del pH anche durante il giorno.
Nel tempo, una distribuzione omogenea di KH+ lungo tutto il perimetro del laghetto, favorisce la formazione di uno spesso biofilm, costituito da batteri depuranti, alghe e uno strato compatto di sali minerali che funzioneranno come un magazzino di carbonati, garantendo una maggiore stabilità del pH, proprio come avviene in natura.
Apriamo una parentesi sul discorso pH, poiché dalle domande che ricevo traspare una discreta confusione in materia.
Tra tutti i parametri chimici importanti per la vita dei nostri pesci, forse il più famoso e menzionato in tutti i forum e nelle “discussioni” sui social è proprio il pH.
Tuttavia credo che ben poche persone siano in grado di definirlo correttamente e di comprendere a pieno la reale necessità di testare questo parametro.
Per farla semplice, il pH è una scala di misura che indica l’acidità o la basicità per i fluidi, nel nostro caso l’acqua.
La scala di misurazione va da zero a quattordici e il valore di 7 è il cosi detto “pH neutro”.
Dal 7 verso il 14 abbiamo valori di basicità (o alcalinità) crescente, mentre dal 7 verso lo zero abbiamo valori di acidità crescente.
Sempre semplificando:
Da un punto di vista matematico, la scala di misurazione del pH non è lineare ma logaritmica, questo significa che lo sbalzo anche di un solo grado del suo valore è molto pericoloso, poiché equivale ad un “salto” di dieci volte e può comportare conseguenze veramente infelici per la salute dei pesci.
Queso “excursus” ci può aiutare a capire quanto poco senso possa avere effettuare il test del pH senza avere un’idea di cosa sia e che valore abbia il KH nel nostro laghetto.
Utilizzando una metafora, potremmo dire che testare il pH equivarrebbe a scattare una foto del nostro laghetto che lo rappresenti solo in quel preciso istante, mentre misurare il KH sarebbe come filmare il laghetto nel suo andamento dell’intera giornata.
In questo breve articolo abbiamo preso in esame la natura, il ruolo e la dinamica dei sali carbonati oltre alla stretta relazione che intercorre tra il valore di KH e quello del pH.
Naturalmente questi non sono gli unici due parametri di cui tenere conto nella valutazione dello stato di salute del nostro laghetto ma probabilmente, sono quelli dei quali più spesso se ne sottovaluta l’importanza.
Dott. Luca Ceredi